Luigi Ianzano (1975) è nato e vive a San Marco in Lamis, nel Parco del Gargano. Formazione classica, giuridica, pedagogica. Docente di diritto economia e sostegno didattico nel secondo grado.
Abita poeticamente il dialetto garganico, lingua madre di primo latte, in maniera pressoché esclusiva. Ha pubblicato le raccolte Allu nghianà (Al risalire), Spija nGele (Scruta il Cielo) e Taranda mannannera (Taranta messaggera), la lauda Come ce mbizza la cèreva (Come si porta la cerva), la silloge Fòchera mbétte mestecate (Fuochi interiori mantecati), la raccolta postuma di Pasquale Bonfitto Perdonami se parlo di Te. Versi e contributi compaiono in antologie riviste e pagine quali «Poesia dialettale oggi. Voci di Puglia» (Carabba 2024), «L’anello critico 2023. Annuario della poesia italiana contemporanea» (CartaCanta 2024), «incroci» (Adda 43/2021), «la Capitanata» (La Magna Capitana 30/2020), «Studi medievali e moderni» (Unich 1/2017), «Dal Gargano all’Appennino: le voci in dialetto» (Sentieri Meridiani 2012), «Lunario nuovo» (Prova d’Autore 25/2008), «Annali» (Unimol 9/2007), «Dialetto e poesia nel Gargano: panorama storico-bibliografico» (Cofine 2002), «Ancora carte sensibili», «Bologna in lettere», «incroci on line», «La poesia e lo spirito», «l‘Attacco», «Poesia e dialetti», «Poeti del Parco», «Versante Ripido». Tra i premi l’Arcipelago Itaca, il Poesia Onesta, il Bologna in lettere, lo Zeno. |> OPERA.
Di lui hanno scritto, tra gli altri, Achille Chillà, Manuel Cohen, Sergio D’Amaro, Francesca Del Moro, Diego De Silva, Alberto Fraccacreta, Francesco Granatiero, Vincenzo Luciani, Sergio Pasquandrea, Paolo Polvani, Joseph Tusiani. | «Voce dal talento puro, educata alla pazienza filologica, tra le migliori della sua generazione» (Manuel Cohen), «la sua è una scrittura pensosa che mira all’essenziale, col saio dell’umiltà e la sapienza delle Sacre Scritture» (Francesco Granatiero), che «cerca il sacro nell’ancestralità della lingua locale» (Lino Angiuli) con «sapienza metrica, potenza sillabica delle parole, forza arcaica priva di ogni forma di nostalgia conservatoristica» (Diego De Silva), «più grande scopritore d’ogni risorsa letteraria insita nel nostro parlare atavico» (Joseph Tusiani). |> CRITICA.

